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Pura (Ticino): “Per Arturo Benedetti Michelangeli”

Scritto da  Fernanda Pivano

Il 12 giugno cade il ventesimo dalla scomparsa del celebre pianista bresciano Arturo Benedetti Michelangeli. Come capita spesso a tanti grandi personaggi della cultura e delle arti, l’ultima parte della sua vita la trascorse in Canton Ticino. a Pura. Morì infatti a Lugano. Per ricordarlo, pubblichiamo un articolo di Fernanda Pivano (n.d.r.).

Mi sembra ieri che Alfred Cortot ha diramato la grande notizia: “E' nato un nuovo Liszt.” Il nuovo Listz aveva diciannove anni, era bellissimo, aveva vinto il primo premio assoluto al concorso internazionale di Ginevra, aveva mani magiche che prendevano senza fatica la dodicesima, aveva occhi magici che parlavano più della voce, aveva la testa lassù in cima, come se fosse alto un chilometro, aveva cominciato a studiare musica a quattro anni, aveva preso il diploma di pianoforte a quattordici anni al Conservatorio di Milano, era andato in Inghilterra nel 1946, negli Stati Uniti nel 1948, a Varsavia nel 1949 per celebrare il centenario Chopiniano, aveva cominciato a insegnare per chiara fama a Bologna e a Venezia e a Bolzano, aveva cominciato a insegnare corsi di perfezionamento a Arezzo e a Siena, aveva cominciato a far studiare sul serio Lidia Carbonatto Palombi, aveva coinvolto Valletta e gli Agnelli in una scuola a Moncalieri, aveva coinvolto chiunque avesse un pianoforte “con la tastiera d'avorio che non gli rovinasse le mani con l'obbrobrio della plastica”.

Queste cose le raccontava ora, via via che succedevano, al suo factotum-confidente-difensore che poi le raccontava a me mentre io raccontavo a lui di quando voleva i pavimenti coperti di giornali che attutissero tutti i suoni, o lasciava venire tutti i giorni da lontano una signora alta come lui, bella come lui, musicale come lui, a leggere fasci di musiche scritte a mano, ore di gioia a “passarle”, io a volte fuori dalla porta chiusa a chiave ad ascoltare tenendo il fiato, dolcissime note, ciascuna con una sua vita segreta, con una passione sommessa, con un mistero svelato da dita complici per occhi complici per cuori complici, oh, i misteriosi segreti di quelle note cantate dall'anima della musica, dal musicista senza ritorno, chissà se le canti negli enormi spazi profumati dell'eternità.

Mi piace pensare che li suoni e li fai vivere per sempre, e loro fanno vivere per sempre te, la tua anima, i tuoi sogni: la tua segreta realtà. Una realtà senza parole, fatta di sguardi, di attese, di silenzi, le Polonesi suonate in piedi col pubblico in piedi sulle poltrone ad ascoltarle: i sorrisi candidi delle donne, i sorrisi ambigui delle ragazze, sempre sorrisi che rimbalzavano dalle sue mani, che rimbalzavano dai suoi occhi, che rimbalzavano dalla sua realtà.

La sua realtà era Listz, o forse era Chopin, o forse era Debussy, chi lo sa qual era la sua realtà, ciascuno aveva una sua realtà, una realtà di Arturo Benedetti Michelangeli, una realtà che scaturiva dagli occhi chiusi, che filtrava dal mistero dell'anima, che sgorgava dalle promesse del cuore.

Forse erano queste le sue realtà, irreali come i sogni della sua anima, come piogge di stelle, come ombre azzurre di nuvole: un artista così può vivere solo di sogni, può credere solo alla sua anima. Può ascoltare solo il canto dei colibrì.

*fonte: www.arturobenedettimichelangeli.com

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