Claudio for Expo

ICH Sicav

 

Un ricordo di Luciano Giaccari, il notaio prestato alla videoarte

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Luciano Giaccari, recentemente scomparso, lo conobbi tantissimi anni nel suo studio di notaio a Varese in occasione del trasferimento di proprietà di una autovettura. Pratica espletata in pochi minuti in quella bella e originale sala riunioni sul “ponte” di via Del Cairo. Uno studio notarile diverso dai soliti uffici arredati tra l’anonimo e il tetro come di solito capita di vedere nell’ambito di quella categoria di professionisti. C’erano invece tante fotografie, video sparpagliati qua e là, giornali. Sembrava di essere nell’anticamera dell’atelier di un artista. Sapevo genericamente delle sue attività extralavorative, ma non conoscevo in realtà nulla dei suoi lavori. Gli chiesi con curiosità quindi lumi sul suo “hobby”. Mi rispose seccamente che il suo hobby al limite era fare il notaio, lui in realtà faceva videoarte. Non sono sicuro se mi disse esattamente il termine videoarte, fu quella l’idea che mi feci quel giorno anche se la videoarte era per me un’altra cosa, esprimere concetti artistici con un mezzo anomalo come il video e ricavarne qualcosa di diverso e di nuovo o innovativo. Giaccari era più un reporter prestato all’arte, un collezionista di esperienze che metabolizzava e ripresentava attraverso il video. Erano importanti per lui sia l’aspetto teorico e della preparazione sia quello pratico. Maniacale nella cura dei particolari e dello strumento tecnologico che utilizzava era poi nella performance che riteorizzava quelle competenze tecniche, una vite senza fine che secondo me lo ha portato in tanti decenni in un terreno più artistico che di semplice citazione. Quello appunto che un reporter non farebbe mai. Cominciò infatti con la ”televisione come memoria” per passare all’impiego del “video in arte” sia in modo diretto sia indiretto fino alla creazione di vere e proprie videoperformance e videoinstallazioni. A mio parere le cose migliori della produzione di Giaccari. Mi affascinava vederlo come testimone di un’epoca, che riguardava di più i miei genitori che frequentavano da sempre il settore artistico che me stesso che li accompagnavo volentieri. Nella sua galleria c’era infatti di tutto, ma il grosso della sua produzione era concentrato tra gli anni sessanta e gli anni ottanta.

Una quindicina d’anni fa gestivo un ristorante nel centro di Varese e Luciano Giaccari era un cliente assiduo, veniva tre o quattro volte alla settimana. Non sembrava un gran cliente, nel senso che era parsimonioso, quasi tirchio e poi veniva sempre da solo o, raramente, in compagnia della moglie, ma era un gran gourmet. Di conversazione piacevole anche se di prima battuta appariva riservato, quasi timido. Bastava parlargli di video e partiva in quarta. Erano credo gli anni della acquisizione da parte del comune di Varese della videoteca d'autore Giaccari e della conseguente costituzione del Museo elettronico (Muel). Sia di persona sia ora attraverso il suo immenso lascito, è stato un testimone attivo di un’epoca, con i video non ha solo descritto un mondo, quello dell’arte, ma lo ha in qualche modo influenzato, marchiandolo. Quante video interviste, video critiche, video didattiche, video documentazioni. Al di là dell’ottimo valore “tecnico” del prodotto, Giaccari non può essere ricordato solo come un archivista. Anche se il carattere del suddetto era quello, anche se forse non aveva il genio dell’artista, ma non ha fatto solo ottimo reportage. E' stato a mio parere un raffinato e coltissimo mediatore culturale che aggiungeva sempre qualche ingrediente personale, un tocco originale al lavoro che faceva. Chissà cosa sarebbe stato Giaccari oggi, con la tecnologia video di cui disponiamo, con la rete, con i nuovi media. Sicuramente è stato un punto di partenza, ha creato uno stile, andrebbe non solo non dimenticato e valorizzato, ma soprattutto studiato e approfondito meglio.

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