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Vita (coi cani) di Guglielmo Mozzoni

Scritto da 

di Carla Tocchetti

Un libro dalla copertina marrone opaco, di piccolo formato, la stampa molto curata, tanti disegni stilizzati in bianco e nero, e … cani, cani, cani, ovunque. E’ il delizioso “Vita da cani”, realizzato Arterigere, scritto qualche anno fa da Guglielmo Mozzoni. Leggere le piccole storie autobiografiche di Mozzoni è un buon modo di capire l’uomo oltre la figura pubblica. Guglielmo Mozzoni, discendente da una casata quattrocentesca bisuschiese che ci ha lasciato a 99 anni e qualcosa lo scorso luglio, è stato architetto di portata avveniristica, un vero genio italiano. Non si può dire nulla di più di chi ha attraversato un secolo di storia, innamorato della vita, passionale, arguto, decisionista, pronto ad intervenire per migliorare il mondo sino ai suoi ultimi giorni di vita. Il libriccino racconta in prima persona alcuni episodi della vita del carismatico personaggio, legati alla presenza in famiglia della amatissima stirpe di cani da caccia.

Bracchi o segugi o pointer o gordon, i cani da caccia sono sempre stati protagonisti insieme ai Mozzoni di capitoli di storia italiana. Dico davvero! Si narra che nel 930 il capitano del Sacro Romano Impero Beltrame de Mottionibus fu trovato ferito e malconcio col suo cane che gli leccava le ferite, oppure nel 1476 un Antonio Mozzoni impegnato a cacciare gli orsi a Bisuschio salvò la vita al Duca di Milano, che in riconoscenza, concesse a lui e ai suoi eredi il privilegio di immunità (al cane fu eretto un monumento), o Giovanni, capitano e vicario di Varese che nel 1506 per questioni politiche riparò in Svizzera dove arrivò con il suo cane, o ancora Filippo patrono di Bisuschio che nel 1683 decise di trasferirsi a Biumo con tutti i suoi cani, o il generale delle guerre risorgimentali Giovanni che cavallo del secolo ‘800 passava in rassegna i suoi cavalleggeri accompagnato dai suoi segugi.

Dora, Zor, Gin Gin, Furia, Negus, Pin Pin, Tim avevano con il padrone un rapporto speciale: spartivano con lui emozioni e passioni, e diventavano specchio delle riflessioni di Guglielmo sulla sensibilità umana. Esattamente come un cane da caccia è dotato di spirito di osservazione per i minimi dettagli e riesce a pianificare lucidamente l’intervento rispetto all’obiettivo, Guglielmo aveva nel DNA la stessa abilità (Mozzoni, ne sono certa, mi avrebbe perdonato l’irriverente paragone) e la sensibilità per capire in anticipo quali sarebbero stati i problemi da gestire, che si traduceva in una utile filosofia da impiegare nelle relazioni umane e professionali.

I libri di Guglielmo Mozzoni sono interamente scritti e disegnati a mano; terminata l’opera incorniciava in grandi quadri i manoscritti alternandoli ai disegni (oppure fotografie oppure acquerelli): una signficativa testimonianza della consapevolezza del dono della scrittura, che si può tramandare anche attraverso espressioni visuali. Fogli scritti di getto pochissime le correzioni, un calligrafia regolare resa più incisiva dall’utilizzo di inchiostro nero, argomenti ordinati in sequenza con indicazioni precise per chi avrebbe dovuto tecnicamente poi eseguire l’impaginazione e la stampa. I disegni di “Vita da cani” sono bidimensionali, pieni e vuoti, espressioni di puro design, semplici, efficaci e divertenti: uno stile riconoscibilissimo, che appartiene alla poetica delle forme che aveva ereditato dalla madre, e che si ritrova anche nella produzione artistica di grandi pannelli da arredo in compensato di legno da parete e da soffitto che raccontano l’infinita voglia di vivere di Guglielmo.

 

Guglielmo Mozzoni, Vita da Cani, pp. 172, edizioni Arterigere 2011 . Euro 14,00

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