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La storia della Caproni tra aerei e motociclette

Scritto da  Paola Montonati

Per quattro generazioni la famiglia Caproni, nel cuore della Pianura Padana, ha rappresentato il sogno di aerei sempre più belli e veloci, lasciando una pagina indelebile nella storia delle due guerre mondiali e anche del secondo dopoguerra italiano.

Tutto iniziò alla fine dell’Ottocento, nell’Italia appena unita, quando Giovanni Battista Caproni, nato in Trentino Alto Adige, allora sotto la dominazione austriaca, da una famiglia piccola borghese, si recò in Francia e Germania per studiare le ultime innovazioni tecnologiche.

Nel 1908. quando i fratelli Wright fecero volare il primo aereo della storia, il ragazzo cominciò a maturare l’idea di progettare il primo aereo a motore italiano, e fondò una piccola azienda presso Cascina Malpensa, vicino al borgo di Somma Lombardo, in provincia di Varese.

Il primo prototipo di aereo a motore Caproni, il Ca 1, si alzò in volo il 27 maggio del 1910, ma non riuscì a compiere che pochi metri.

Dopo altri sette tentativi, tutti falliti, il giovane ingegnere si trasferì a Vizzola Ticino, nei pressi di Varese, e cominciò a lavorare a un nuovo modello di monoplano, che venne inaugurato il 13 giugno del 1911.

Rappresentò l’inizio di una leggenda.

In pochi anni furono prodotti circa 71 modelli di monoplani, contemporaneamente venne aperta la Scuola di Aviazione Caproni e nel 1912 il Ca 12 portò il suo primo passeggero pagante al Lido di Venezia.

Con la prima guerra mondiale, nel 1913 venne presentato il Ca 18, il primo modello di monoplano a uso militare, mentre la ditta, a causa di difficoltà economiche, fu ceduta all’Esercito, anche se Caproni rimase come consulente.

L’instancabile ingegnere non si fermò neanche nel corso del conflitto e lanciò un biplano plurimotore da combattimento, detto Ca 30, che, dal 1915, sarebbe diventato il simbolo dell’aviazione italiana.

Nel 1917 il figlio di Giovanni, Gianni Caproni, con l’aiuto del fratello Federico, riuscì a riprendere l’azienda paterna, che, con il nome di Aeroplani Caproni, diede inizio all’era dei trimotori da combattimento.

Ma alla fine della guerra Caproni junior, intuite le nuove possibilità nel campo dei trasporti, riconvertì i suoi trimotori in aerei di linea, oltre a lavorare sul nuovo idrovolante Caproni Ca 60. che però ebbe breve vita a causa di un incidente nel 1921.

Nel frattempo non solo la Caproni comprò alcune delle industrie più note dell’epoca, come l’Isotta Fraschini, ma continuò a lavorare a nuovi progetti per biplani e bombardieri da combattimento, che però in molti casi rimasero nel cassetto.

Con la seconda guerra mondiale, l’azienda rimase al palo, a causa dei nuovi e più potenti caccia dell’aviazione tedesca, e dal 1943 tutti i progetti per nuovi veicoli vennero cancellati.

Alla fine del conflitto, dopo aver superato un processo per le sue simpatie fasciste, nel 1951 Gianni iniziò un lungo viaggio in giro per il mondo allo scopo di trovare nuovi finanziatori per la Caproni.

Ma ormai era arrivata la fine per la storica azienda e, dopo un tentativo di sfondare nel settore delle motociclette, dal 1949 tutti gli stabilimenti della Caproni vennero chiusi e venduti ad altre aziende.

Gianni Caproni morì nella sua casa di Roma il 29 ottobre del 1957, mentre la fine della storia della Caproni arrivò solo nel 1980, quando il marchio della ditta fu rilevato dall’Agusta.

 

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