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Il “polacco” Giuseppe Toeplitz tra Varese e la Comit

Scritto da  Mario Talamona

Effettivamente, dalla torretta con cupola astronomica della Villa Toeplitz di Sant' Ambrogio Olona negli immediati dintorni di Varese, in direzione del Monte Generoso si sarebbe anche potuto comunicare con la Svizzera mediante segnalazioni ottiche. Di li' , poi, per Lugano, sarebbe stato facile immaginare un flusso di messaggi fin nel cuore degli Imperi Centrali. Questa storia, che faceva di Giuseppe Toeplitz, "padrone" della Banca Commerciale, addirittura una "spia dei tedeschi" durante la prima guerra mondiale, per quanto inverosimile l'avevo sentita da bambino. Tanto durava da quelle parti, anche dopo la sua morte proprio in quella villa nel 1938, l'eco delle violente campagne della stampa nazionalista ed interventista, sostenute da alcuni gruppi industriali, contro la Banca, per le origini tedesche dell'Istituto e per la presenza ai suoi vertici di elementi di origine germanica. Sebbene cittadino italiano dal 1912, lo "straniero" Toeplitz, polacco, cugino di Otto Joel, uno dei due fondatori nel 1894 con Federico Weil, loro successore nel ' 14, era stato oggetto di pesanti attacchi personali negli anni bellici. E curiosamente proprio l'acquisto della villa di Sant' Ambrogio, già proprietà di Eugen Hannesen, defunto consigliere della Mannesmann, all' atto dell' "italianizzazione" della Società Tubi Mannesmann di Dalmine, affiliata della casa madre di Dusseldorf, affare direttamente trattato da Toeplitz, sollevò veementi proteste e fu utilizzato come "prova" di una sua presunta collusione con il nemico. Nato a Varsavia nel 1866 da una famiglia dell'alta borghesia ebraica, studi classici in Lituania e di ingegneria a Gard e Aquisgrana, la figura e soprattutto il ruolo di banchiere di Jozef Leopold Toeplitz furono quelli di un attore di primo piano sulla scena finanziaria e industriale italiana. Dopo aver guidato per oltre un decennio la Banca da solo, senza effettivo controllo da parte del Consiglio di amministrazione, fu considerato responsabile, anche per alcuni gravi errori di gestione, della crisi della Commerciale esplosa nel 1931 per il peso schiacciante delle partecipazioni industriali e l'impossibilità di smobilizzi, in piena recessione economica. Lo stesso Toeplitz sedeva in ben 45 società controllate ed in metà di queste come presidente o vicepresidente. Dopo aver richiesto l'intervento della Banca d' Italia e personalmente a Mussolini l'aiuto dello Stato, il salvataggio avvenne sulla base delle proposte di Alberto Beneduce in netto contrasto con quelle di Toeplitz (il cui copialettere registra 134 missive al creatore dell'Iri). Con la fine della "banca mista" di tipo tedesco e la trasformazione in istituto di credito ordinario nell'ambito delle partecipazioni statali, Toeplitz uscì di scena nel ' 34, sostituito da Raffaele Mattioli e Michelangelo Facconi, dimenticato in un silenzio ostile. Non sono mancati nella memorialistica, in saggi polemici e giornalistici sul banchiere "potente e rapace", in opere sulla storia economica tra le due guerre, infine con elementi essenziali nel volume di Antonio Confalonieri (Banche miste e grande industria in Italia: 1914 1933), i riferimenti alla sua azione. Ma il nitido profilo introduttivo al fondo inventariato dall' Archivio Storico della Comit, che raccoglie le carte prodotte da Toeplitz come amministratore delegato della Banca Commerciale Italiana e archiviate nella sua segreteria dal 1916 al 1934, sottolinea le potenzialità di ricerca offerte da queste fonti e l'opportunità di disporre di una biografia completa. Ne emergono, con alcuni tratti del carattere dell'uomo ("ottimismo e attivismo incessante, ma anche impulsività e una certa dose di imprudenza anche nel trattare gli affari più delicati"), le tappe principali di un' esperienza straordinaria, dove per molti anni la storia professionale di Toeplitz coincide con quella della Banca Commerciale e questa, fra luci e ombre, in parte notevole, con una fase cruciale dello sviluppo economico italiano.

*riflessioni pubblicate su Il Corriere della Sera del 25 aprile 1996

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