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La strada del Sempione, il traforo e la sua storia

Scritto da  Laura Tirelli

La via del Sempione conserva numerose tracce del suo lungo divenire, la sua storia equivale a quella di un millennio di storia europea.

Fu sentiero in età classica, mulattiera nel medioevo, lastricata nel 1600, grande strada napoleonica nel 1800, ferrovia nel 1900, è un percorso autostradale oggi.

Le prime notizie storiche che la riguardano risalgono all’epoca romana quando nel 196 d.c.

l’imperatore Settimo Severo fece costruire una strada carreggiata che valicava il Sempione per collegare le province transalpine. Il nome Sempione si suppone derivi dal latino “summo piano” (pianoro alla sommità di un monte)

Con il declino e la fine dell’impero romano, anche questa strada decadde.

Ebbe una ripresa nei secoli XII e XIII in concomitanza con lo sviluppo commerciale di centri floridi come Venezia e Genova.

Nel medioevo fu usata come mulattiera e carovaniera. Da nord venivano trasportati lungo l’asse del Sempione bestiame, pelli, formaggio, da sud vino, granaglie e sale.

Intorno al 1235 fu creato un ospizio sul colle del Sempione dipendente dai Cavalieri di Malta, intorno al quale nacque un piccolo villaggio.

La prima menzione del toponimo “Sempione” si trova in un documento in cui è citata una vigna di Briga come dipendente dall’ospizio del Sempione.

Il primo passaggio documentato è del 1254 quando l’arcivescovo Odo di Rouen vi passò per recarsi a Roma.

Nel XIII secolo la proprietà della strada era suddivisa fra tre famiglie feudali lombarde: i Castello, i conti di Biandrate e Aosta (poi gli Ornavasso che furono i loro eredi), i quali fecero venire per sfruttare i pascoli dei colonizzatori di lingua tedesca, i Walzer che si spinsero lungo la val d’Ossola.

Nel 1256 l’appalto dei dazi fu affidato dal vescovo di Sion, Enrico di Raron, ad Alberto Carpentarius con l’obbligo di conservare percorribile la strada del Sempione.

Lo sviluppo dei traffici commerciali spinse i vescovi di Sion ad una politica di conquista territoriale. La contesa lombardo-vallesiana sul confine del Sempione durò due secoli; le lotte tra lo Stato vallesiano e il Ducato di Milano nei secoli XV e XVI causò la decadenza della strada.

Nel corso del secolo XVII la strada ritornò in auge grazie all’opera del mercante di Briga Stockalper, definito il re del Sempione. Divenne la via del sale larga 3 metri con soste e locande. Fu costruita la torre di Gondo, l’ospizio del Sempione e un grande palazzo a Briga. Stockalper ebbe il monopolio del servizio postale tra Milano e Paesi Bassi per 17 anni. Oltre al commercio era uomo molto interessato all’arte: a sue spese fece restaurare le chiesa di Glis, finanziò il Sacro Monte Calvario sul colle di Matterello a Domodossola (nella capella XV vi è il suo ritratto)

Nel secolo XVIII, dopo la morte di Stockalper, la strada fu nuovamente abbandonata anche perché si verificò un mutamento climatico: fu il periodo detto delle “alpi chiuse” per il forte raffreddamento del clima.

Napoleone e il Sempione

L’attuale percorso che collega direttamente Milano-Parigi lo si deve a Napoleone e divenne un’espressione della nuova civiltà scaturita dalla rivoluzione francese.

La costruzione della strada rappresentò il punto di arrivo dello sviluppo urbanistico di Milano. I Governi cisalpini furono connotati per l’esplosione di entusiasmo per progetti edificatori. A questo clima concorsero “gli ornati dell’allegrezza” apparati atti a perfezionare il clima di ottimismo e festività. Si ebbe una nuova generazione di architetti e urbanisti che le grandi feste cittadine mettevano in mostra come l’apparato eseguito a Milano il 30 aprile 1801 secondo la regia dell’architetto livornese Paolo Bargigli per celebrare il trattato di Luneville (dopo battaglia di Marengo, la pace fra Francia e Austria) e la posa della prima pietra del Foro Bonaparte. Sul fronte del castello furono montate scenografie architettoniche: un mausoleo con le ceneri dei soldati francesi e cisalpini che avevano cementato la libertà rappresentò un monumento alla pace, un tempio dell’immortalità circolare su 12 colonne doriche dedicato a Napoleone come eroe della vittoria.

Evento più spettacolare fu il progetto di Giovanni Antolini per il Foro Bonaparte: immaginò una gigantesca piazza circolare delimitata tutto intorno da un colonnato sopraelevato con al centro l’edificio del castello in forme classiche, sulla circonferenza della piazza 14 edifici di tipologia templare destinati ai pubblici servizi: biblioteca, museo, terme, teatro, borsa, dogana, pantheon espressione dei nuovi valori etici, laici e politici degli anni rivoluzionari. Da qui doveva partire la nuova strada del Sempione rettificata e adornata da 4 file di alberi. Il progetto dell’Antolini fu realizzato solo in minima parte.

Fu costruito l’Arco trionfale (oggi della Pace) eretto in 3 settimane in legno e tela dal Cagnola nel 1806 per festeggiare le nozze di Eugenio di Beauharnais con Augusta Amalia di Baviera. Piacque così tanto che in seguito venne costruito in pietra e inaugurato nel 1838. In compenso la strada del Sempione venne portata a termine per volontà esplicita di Napoleone che aveva passione per l’ingegneria e la tecnica. La realizzazione della strada aveva anche ai suoi occhi un motivo strategico: “faire passer les cannons” . Intendeva collegare la penisola all’Europa e far passare il suo esercito.

All’epoca per superare le alpi vi erano 5 strade:

-          una costiera: di cui Napoleone si servì numerose volte dal 1794 al 1796

-          il colle del Monginevro: per uso militare

-          la strada del Moncenisio, che era quella più usata da viaggiatori, attraverso la quale Napoleone vi transitò sei volte

-          il San Bernardo (attraverso i Cantoni Svizzeri) che nel 1800 veniva attraversato con grande difficoltà

Vi era quindi la necessità di un percorso più breve e meno alto. Così si arrivò alla strada che collegava la vallata del Rodano e del Toce attraverso il passo del Sempione.

Il 7 settembre 1800 Napoleone decise di creare una strada carrozzabile per far passare i cannoni. Progetto e lavori furono affidati all’ing. Nicolas Ceard del Ponts e Chaussès che la realizzò in soli 3 anni. Le spese e la manodopera furono italiani. Fu incisa nella roccia con grande impegno e ardore tecnico per 63 km . Fra Domodossola e Briga furono costruiti 64 ponti e 7 gallerie (in tutto 611 ponti e 525 m . di gallerie). La galleria per superare le gole di Gondo era lunga m.182 scavata da centinaia di uomini che si alternarono per 15 mesi. Costò la vita di 100 uomini.

Per l’abilità tecnica impiegata destò grande ammirazione in tutta Europa. Fu la prima carrozzabile sulle Alpi tenuta aperta anche d’inverno e il passo veniva attraversato con l’aiuto delle slitte.

Nel 1832 fu aperto un Ospizio sul valico; fu istituito un servizio postale che diede origine al proliferare di alberghi della posta e alla nascita di nuove professioni: vetturini, albergatori ecc.

Napoleone però non percorse mai la nuova strada del Sempione. Dopo la sua incoronazione a Re d’Italia il 26 maggio 1805 voleva tornare in Francia attraverso il Sempione, ma la strada non ancora percorribile tutta in carrozza, a Dongo avrebbe dovuto salire a cavallo, mentre Giuseppina sarebbe stata trasportata su portantina, rifiutò. Neanche altri componenti la famiglia Bonaparte vi transitarono.

Eugenio di Beauharnais, vicere d’Italia, voleva incontrare la sorella Ortensia sul paso del Sempione, ma questa a causa delle doglie del parto fu costretta a fermarsi a Porto Saint Maurice dove diede alla luce un figlio illegittimo, colui che divenne il conte di Morny.

 

Dalla via dei cannoni a quella del “Grand Tour”

La strada del Sempione aprì l’Ossola al mondo e favorì lo sviluppo turistico del lago Maggiore. Fu utilizzata soprattutto dai viaggiatori provenienti dalla Francia, dalla Germania, dall’Inghilterra, spesso giovani di illustri famiglie accompagnati di regola da un tutore, che venivano in Italia per arricchire le loro conoscenze come fu di moda per tutto l’Ottocento.

 

Viaggiatori illustri

Più di 300 famosi letterati vi transitarono nel 1800 di cui la metà tra 1815 e 1845 e lasciarono un ricordo scritto delle loro impressioni, spesso con parole di grande apprezzamento per la bellezza della natura e del paesaggio .

Transitò per la strada del Sempione Lord Byron e Samuel Rogers che da qui trasse ispirazione per la sua raccolta di poesie “Italy” pubblicate nel 1827 con le incisioni di William Turner. Il pittore inglese vi transitò per la prima volta nel 1819 e lungo il percorso tracciò molti disegni nel suo taccuino di schizzi.

Poi Madame de Stael, Chateaubriand, e Stendhal che soggiornò a lungo a Milano, città che amava moltissimo tanto da far scrivere sulla sua tombe la dicitura: ”Henry Beyle milanese”.

Infine Gogol, Corot, Wagner, Dumas, Balzac, il poeta Edgard Quinet che così scrisse nel 1832: “qui comincia col mirto, l’olivo e il limone, il dolce profumo della lingua milanese”.

Il compositore Mendelsson, lo scrittore francese Gustave Flaubert, che scendendo da Briga si fermò a Berisal e sempre attento al fascino femminile annotò le seguenti parole: “Colazione. Robusta montanara, fresca, rosa, carnosa, un po’ tedesca con il suo piccolo cappello rotondo dal nastro pieghettato, capelli annodati indietro”.

Molto bella è la descrizione del viaggio notturno dello scrittore inglese Charles Dickens che attraversò il Sempione nel 1844: “a poco a poco il frastuono delle acque divenne più forte e la stupenda strada penetrò tra due muri massicci di rocce perpendicolari che ci tolsero completamente la luce della luna e ci lasciarono solo la vista di alcune stelle. Poi perdemmo anche queste nella profonda oscurità di una caverna.”

Nel 1800 la diligenza compiva il tragitto fra Briga e Domodossola in 9 ore.

Nacquero e furono di moda in epoca romantica gli album pittorici per ricordare il grand tour in Italia. Nuovo genere artistico-letterario composto da incisioni con testo.

Il più importante è stato Voyage pittoresque de Genève a Milan par le Simplon” dei Lory (padre e figlio svizzeri) con 35 splendide incisioni all’acquatinta finemente dipinte a mano.

Questo libro fece conoscere la nuova strada napoleonica e le grandi opere tecniche perché i Lory disegnarono non solo luoghi e paesaggi, ma anche ponti e gallerie.

La loro opera diede l’avvio a flussi di turismo di élite.

Furono pubblicate numerose guide turistiche, la più celebre fu quella della casa editrice Artaria di Milano.

 

Ville lungo la strada e soggiorni illustri

La strada del Sempione nel tratto che costeggia il lago Maggiore vide sorgere bellissime ville che ospitarono nel XIX secolo illustri personaggi come Villa Stampa a Lesa nella quale soggiornò a lungo Alessando Manzoni che in seconde nozze aveva sposato Teresa Borri Stampa. Nel 1837 il grande scrittore fu ritratto proprio nella villa di Lesa dal pittore Hayez. Manzoni parlando del suo soggiorno a Lesa così scrisse: “Mi innamoro ogni giorno di più di questo lago, di questi monti, di questa quiete”.

Massimo d’Azeglio soggiornò a Cannero, I Cairoli a Belgirate, gli Arconti a Pallanza, Cesare Correnti a Meina, Giulio Carcano a Lesa, Antonio Rosmini a Stresa nella villa lasciata all’Istituto della Carità dalla benefattrice Annamaria Bolongaro. Nicolò Tommaso descrisse nel suo libro Colloqui, questi suoi soggiorni sul lago in compagnia di Alessandro Manzoni.

Anche altri celebri personaggi soggiornarono sul lago, come   la Regina Vittoria che fu a Baveno nel 1879, dal 25 marzo per un intero mese a villa Clara costruito dagli Henfrey nello stile di un castello scozzese con 5 torri in mattoni rossi e pietra bianca di Baveno

Anche illustri pittori a partire dal 1885 trascorsero periodi di villeggiatura sulle rive del lago Maggiore. Famose presenze furono quelle di Saverio Altamura e Gerolamo Induno, il pittore milanese per eccellenza.

Nacque un vero e proprio sodalizio artistico: la Scuola del Paesaggio di Gignese di cui fecero parte Daniele Ranzoni di Intra, Achille Tominetti di Miazzina, Filippo Carcano e Eugenio Gignous che disse: “questi sono luoghi di paradiso

IL TRAFORO DEL SEMPIONE  

La più grande opera che arricchì la strada del Sempione fu il traforo del monte omonimo inaugurato il 19 maggio 1906 dopo 8 anni di lavoro. Il traforo, opera di grande impegno tecnico e umano, fu l’immagine di quella che era diventata alla fine dell’Ottocento la realtà milanese: la Città era cresciuta in pochi anni, passando da 200.000 abitanti all’epoca dell’unità d’Italia a 500.000 nel 1906. La sua produzione industriale aveva raggiunto i 100 milioni annui; gli occupati nei grandi complessi erano150.000 persone (40.000 addetti al cotone, 35.000 alla seta)

Milano aveva 22 linee di tram per un totale di 370 vetture

La crescita della città portò un grande rinnovo edilizio: al Cordusio furono costruiti gli edifici del Credito Italiano, della Borsa, delle Assicurazioni Venezia; in piazza Scala la Banca Commerciale guidata da Toeplizt; a piazza Duomo il palazzo dei grandi magazzini Bocconi (poi soprannominati “Rinascente” da Gabriele D’Annunzio)

Il Sindaco di Milano all’epoca del traforo era Ettore Ponti di Gallarate, un grande industriale cotoniero, che amava la cultura e gli studi superiori: promosse l’Accademia di Brera, il Politecnico, e l’università Bocconi.

In questa situazione di grande sviluppo industriale ed economico vi fu la necessità di migliorare

l’ assetto ferroviario per facilitare le comunicazioni con il resto d’Europa.

Si pensò al traforo a partire dal 1853. Fu interessata anche la Confederazione Svizzera.

Il primo progetto fu presentato nel 1877 e prevedeva una galleria di 18 km e mezzo.

Nel 1880 si costituì a Milano il Comitato promotore del valico ferroviario del Sempione presieduto da Giuseppe Ribecchi, politico ed esponente del mondo imprenditoriale milanese.

Nel 1893 fu creata la compagnia Jura Simplon che stese un contratto con la ditta Brand-Brandau per studiare una soluzione del traforo economicamente realizzabile. Sorse anche un Comitato per collegare l’uscita della galleria con la rete ferroviaria Domodossola-Arona-Milano presieduto dal conte Gilberto Borromeo, esponente di spicco della nobiltà illuminata, impegnato nello sviluppo cittadino, senatore e grande amante della botanica (a lui si deve la creazione del giardino botanico dell’Isola Madre).

Nel 1897 i due Comitati si fusero, presidente divenne Gilberto Borromeo che da quel momento dedicò tutta la sua attività alla concretizzazione dell’opera che costò al governo italiano cinque milioni, quindici alla Confederazione Svizzera e cinquantuno alla Compagnia Jura Simplon.

Il 3 aprile 1898 fu completata la raccolta fondi (allora prima di iniziare i lavori era d’obbligo avere i denari necessari alla realizzazione dell’opera). Fu fatta una riunione con tutte le autorità cittadine, e, nel mese di agosto si avviò il cantiere. Gli operai erano tutti italiani, oltre 2000, provenienti da tutte le regioni d’Italia che furono alloggiati in un villaggio appositamente creato.

Ebbe inizio l’epopea di BALMANOLESCA, un villaggio di minatori, formato da casette di legno allineate lungo un chilometro di strada poco sotto Iselle, accanto all’imbocco sud del tunnel. La popolazione fu tra 7500 e 8000 abitanti, con negozi, magazzini, osterie e botteghe artigiane, una scuola, una chiesa dedicata a Santa Barbara, la caserma Carabinieri , il cimitero, l’ufficio postale. Sembrava un villaggio del far west, ricco di varia umanità come nel celebre film “La febbre dell’oro” di Chaplin che poi, una volta terminato il traforo, divenne un villaggio fantasma, una “ghost town” come quelli della frontiera americana.

Il villaggio era gestito dalla Società Brandau. Furono applicate rigide norme sanitarie per evitare epidemie. La malattia più pericolosa era l’anemia del minatore. Ogni giorno ai lavoratori veniva distribuito l’acido citrico. Nonostante questa accortezza vi furono 63 morti per malattia, 20 per infortunio, 22 nel corso di risse o suicidi. I 20 operai morti in galleria sono ricordati oggi con una lapide di marmo fissata alla roccia sopra la stazione di Iselle.

Il 24 febbraio 1905 cadde ultimo diaframma della galleria. L’abbattimento degli ultimi metri furono seguiti con ardore da tutta la stampa internazionale.

Il 19 maggio 1906 vi fu il primo viaggio inaugurale con incontro tra re d’Italia e il Presidente della Confederazione Svizzera

Il 1 giugno ebbe inizio il servizio regolare Ginevra-Milano. Una seconda galleria fu aperta nel 1921.

L’opera costò 80 milioni di lire corrispondenti all’epoca al valore di 3 corazzate russe torpedinate dai Giapponesi nella guerra Russo-Giapponese del 1905.

La galleria era lunga di 19 chilometri e 725 metri . Il percorso Milano-Parigi venne abbreviato di 100 km .

I maggiori ostacoli incontrati furono: l’elevata temperatura della roccia che in certi punti raggiunse i 46 gradi centigradi ; la pressione della montagna; i massi spessi anche 2 chilometri ; le infiltrazioni di sorgenti di acque calde e fredde.

Furono costruiti due cunicoli paralleli, arieggiati da due grandi ventilatori che distribuivano un milione di metri cubi d’aria nelle 24 ore.

Fu una grande impresa, ricordata e celebrata anche sul piano letterario. Lo scrittore Pietro Chiara la cita nel romanzo “Il cappotto di astrakan” e il poeta Giovanni Pascoli la celebrò con l’inno “Gli eroi del Sempione”:

“…Voi per lunghi anni a un’ invisibil guerra/

sacrando le robuste vite/

avanzavate ignudi eroi sotterra/

al rombo della dinamite

Il traforo del Sempione venne realizzato da quella “Italia Eroica” che come disse Dino Campana “dal badile dovette poi passare al fucile” con riferimento agli eventi che seguirono a questa grande imprese: la guerra 1915-1918.

(…)

Fonte e per continuare a leggere e approfondire la storia della strada del Sempione:

http://www.taino-va.it/testi/Il%20sempione.htm

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