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Neologismi di ritorno. Voglia di uomo normale

Scritto da 

di Antonella Matarrese*

La Moda ha lanciato un appello alla serietà. Mentre esperti parlano già di tendenza Normcore: una nuova normalità, che parte dall'abito.

Nel 2008, Alberto Arbasino - grande conoscitore dell'umanità e dei suoi tic culturali - pubblicò un illuminante pamphlet dal titolo La vita bassa (ed. Adelphi). Erano gli anni dello sfoggio delle mutande a vista, griffate, con maxi elastici che occhieggiavano dai bordi dei pantaloni, appunto a vita bassa. A decifrare quel segno delle braghe calate, al di là delle mode, si sono impegnati in tanti, e i riferimenti dalla storia del costume sono passati all'etnologia per finire all'etologia e quindi alle scimmie che mostrano il sedere in segno di sottomissione. E, visto che la moda era più che altro maschile, la tentazione di far passare per sottomesso il sesso forte è stata inevitabile. 

A distanza di sei anni, per fortuna la vita dei pantaloni si è alzata, ma i sismografi più sensibili del costume, soprattutto quelli di formazione francese ed americana, non hanno smesso di lanciare nuove provocazioni speculative e linguistiche relative all'universo maschile. Interessanti da prendere in considerazione, con il senno di poi, alla fine delle sfilate di moda uomo che si sono concluse a Milano e che hanno mandato in passerella stili e suggestioni, anche comportamentali, del maschio che verrà. Cioè quello che vedremo passeggiare per le strade la primavera-estate 2015.

Elegante ma non sottomesso

Un maschio inedito, diverso dalle tipologie ora presenti nelle città del globo. Un uomo meno sottomesso ai diktat estetici, ma non per questo meno elegante, quanto piuttosto “normalizzato” nelle scelte del suo abbigliamento: curato ma non eccentrico, sensuale ma non esotico. Tanto da far dire a Giorgio Armani: “Basta con la ridicolizzazione del maschio in leggings e canottiera. Bisogna pensare ad un abbigliamento speciale, contemporanea, ma all'altezza dei Consigli di Amministrazione”.

Un maschio normale, quindi, sta per arrivare, stando alle visioni di alcuni stilisti. Nel frattempo, però, quelli che circolano sono uomini che gli antropop - gli antropologi della cultura popolare - hanno diviso in due grosse tipologie.

Da una parte si schierano i cosiddetti Hipster: una categoria vasta e trasversalmente dilagante di maschi con la barba curata o fintamente selvaggia, dall'abbigliamento vagamente nostalgico, con pezzi comprati ai mercatini vintage o presi dagli armadi di famiglia, in genere buone famiglie. Un dandy metropolitano che all'auto fiammante preferisce la bicicletta hi-tech e al nostalgico caffè letterario antepone il bar salottino bio.

Diametralmente all'opposto convive, invece, un'altra tribù, per usare un termine caro agli antropop, altrettanto diffusa e capillare: si tratta degli Spornosexual. Il neologismo nasce dalla crasi di sport e porno, ovvero di due passioni fortemente legate all'immaginario maschile collettivo: la prima, ormai diventata una imprescindibile filosofia di vita; la seconda, sdoganata da film d'autore e serial tv. Gli spornosexual sono l'evoluzione - o involuzione, dipende dai punti di vista - dei “metrosexual” degli anni Novanta e dei “retrosexual” di più nuova generazione. I termini sono stati tutti coniati da Mark Simpson - giornalista e saggista dal grande eco mediatico - che descrive gli spornosexual come maschi dediti alla cultura del corpo palestrato, tatuato e mostrato in tutta la sua virilità attraverso t-shirt attillate o canottiere e jeans magistralmente strappati, alternati a short larghi stile boxeur e, naturalmente, sneakers alte e spesso colorate.

E mentre lo street style consuma pregiudizi e liquida ogni tipo di ritrosia estetica, gli stilisti vanno oltre, oppure si fanno volutamente superare dalle mode imperanti della strada e lanciano una nuova tipologia, quella appunto dell'uomo normale.

Trend unisex

A dire il vero anche in questo caso il termine è gia stato trovato: è NORMCORE, combinazione di normale e hardcore. Si tratta di un trend di moda unisex, caratterizzato dalla scelta di abiti anonimi, dall'aspetto quasi mediocre, non necessariamente non griffati, ma certamente privi di effetti speciali. Non stiamo parlando di persone aliene alla moda, ma di sicuro non si tratta di fashion victim, bensì di compratori con un approccio più individuale nella scelta degli abiti.

“Non è più il tempo della moda urlata - spiega Miuccia Prada -. Non si indagano più mondi strani, ma si ritorna a ciò che sopravvive alla memoria, cioè ai classici. Questo è un momento storico che chiede un po' di serietà”.

*Originariamente pubblicato sul settimanale Panorama.

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