Ernesto Colnago, un simbolo dell’industria lombarda
Scritto da RedazioneColnago sta alle bici da corsa, alla loro storia ed evoluzione degli ultimi 50 anni, come Enzo Ferrari stava alle Formula Uno e alle auto sportive. Non per niente i due erano amici. E insieme hanno firmato una serie di progetti innovativi. Come Ferrari, anche Colnago è fissato, quasi ossessionato dall’idea di andare sempre avanti, di spingere sulla qualità del prodotto, sul futuro, sul meglio, sull’eccellenza. Tutto questo restando normali. Italiani. Imprenditori ma artigiani. Sognatori e innovatori. Saldamente ancorati con i piedi per terra.
La sua normalità è un esempio e un valore di quell'imprenditoria di razza made in Italy. Quei capitani coraggiosi con il pallino della manifattura, che in Italia hanno creato il cosiddetto boom economico e che adesso stentano a trovare un ricambio generazionale.
Ancora oggi, a 84 anni, Ernesto Colnago ogni mattina alle 7.30, con il sole o con la pioggia, dal lunedì al sabato compreso, saluta la moglie Vincenzina, indossa la giacca, attraversa la strada provinciale, unico intercapedine che divide la sua casa dalla fabbrica, a poche centinaia di metri dall'uscita autostradale di Cambiago, sulla Milano Bergamo, tra campagne padane, centri commerciali e capannoni industriali, con questo chiodo fisso che lo insegue da quando ha cominciato a costruire telai da corsa, ormai più di 60 anni fa: creare la bici più veloce, la migliore del mondo.
Ripercorrere la storia di Colnago, della sua azienda e delle sue biciclette, equivale a ripercorrere la storia del ciclismo degli ultimi 60 anni. Negli archivi, ci sono le foto in bianco e nero di lui che assisteva Fiorenzo Magni, quando lasciata la carriera agonistica, innamorato pazzo di questo sport, passò dall’altra parte del mondo delle corse e decise di fare il meccanico. Da Magni si passa agli anni della Molteni, la “Sky degli anni 60 e 70”, lo squadrone che prima con Motta e poi con il cannibale Eddy Merckx vinceva tutto e su tutti. Colnago faceva le loro bici e li seguiva sull’ammiraglia durante le corse. E' di Colnago la super bici arancione in acciaio leggerissima con cui Merckx nel 1972 conquistò il record dell'ora. Alleggerita dove si poteva. Sono di Colnago le bici bordeaux degli anni d'oro di Beppe Saronni, del Mondiale e del Giro d'Italia.
Era di Colnago – conservata ancora infangata nel museo aziendale – la bici, una C 40, con la quale Franco Ballerini, Ballero, volava a 60 all'ora sul pavé della Parigi Roubaix e vinceva. Ben due volte. La classica delle classiche. In quegli anni, tutti gli altri costruttori di telai si ostinavano a ricercare soluzioni per ammortizzare il fondo sconnesso. Lo spauracchio era il belga Johan Museeuw e la sua bici. Giorgio Squinzi patron della Mapei non ci dormiva la notte: «Ernesto quello c'ha una bici con gli ammortizzatori». E Colnago che insisteva con la sua idea: le forcelle dritte, la bici senza molle: «E' il ciclista che deve ammortizzare gli urti, con il suo corpo, con i polsi: le sospensioni rallentano la velocità del mezzo, facilitano la dispersione della potenza». La strada e la gara gli diedero ragione…
Per continuare a leggere, vedi Il Sole 24Ore, http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2016-02-29/ernesto-colnago-straordinaria-storia-normale-un-simbolo-made-italy-161359.shtml?uuid=ACWYNKeC
nella foto: Ernesto Colnago con l'Ing. Enzo Ferrari